Con quale grano viene prodotta la nostra pasta?
Il grano migliore è quello italiano o estero? Per ottenere la pasta perfetta la soluzione ideale sembra essere una combinazione tra il grano prodotto in italia e il grano prodotto all’estero. La pasta, alimento fondamentale della celebre dieta mediterranea, è una delle principali fonti di carboidrati, nonché la base per un’alimentazione bilanciata. Viene prodotta da una miscela di due ingredienti, acqua e semola, e quest’ultima è a sua volta ottenuta dal grano duro, preferibilmente italiano, o estero o anche da una mistura delle due componenti. L’impasto così realizzato viene poi inserito in degli estrusori che terminano con delle trafile in bronzo o in teflon, le cui forme variano a seconda del formato della pasta in produzione. Una volta creati i vari formati, la pasta viene messa ad essiccare fino a raggiungere la consistenza perfetta, ruvida e porosa, e viene confezionata e infine venduta per poter raggiungere le tavole dei consumatori.
Ma quali sono i parametri che il grano utilizzato deve rispettare? Qual è il grano migliore da impiegare nella produzione della pasta?
La “Legge di purezza della pasta”
Essendo il grano l’ingrediente indispensabile per produrre la pasta, è indispensabile che sia di ottima qualità: a garanzia di ciò è stata emanata in Italia la Legge 580/67, anche conosciuta come “legge di purezza della pasta”, ovvero una normativa – l’unica al mondo – che tutela i consumatori e vincola i produttori stabilendo i parametri di qualità e le caratteristiche della materia prima e del prodotto finale. Qualora i parametri non venissero raggiunti, il grano è dichiarato non adatto alla pastificazione e il prodotto finale ottenuto non può essere messo in commercio con la denominazione di “pasta”.
La pasta italiana è l’unica al mondo che per legge deve essere prodotto esclusivamente con grano duro: i suoi chicchi hanno una struttura più solida e dalla loro macinazione si ottiene la semola, una farina leggermente più grossolana e dal colore giallo dorato. La semola opportunamente miscelata con acqua, dà vita a un impasto molto denso e fermo, perfetto per dare vita alle varie forme di pasta.
“A differenza degli altri pastai, noi italiani siamo vincolati dalla legge a produrre pasta di qualità – spiega Paolo Barilla, Presidente di AIDEPI (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane) – Ma ci prendiamo volentieri questa responsabilità, pur di garantire ai consumatori italiani e di tutto il mondo che la pasta che portano in tavola sarà sempre buona e sicura, indipendentemente da quello che può succedere nel campo di grano. Il grano è un prodotto agricolo e, a seconda delle condizioni climatiche, lo stesso terreno potrà produrre un anno un raccolto eccellente, l’anno dopo uno meno buono, e così via. Per questo da 200 anni noi pastai cerchiamo, scegliamo e misceliamo i grani migliori al mondo, combinando le diverse varietà di grano come un pittore mescola i colori o un musicista sceglie le note. Solo così possiamo assicurare la qualità costante della nostra pasta.”
Grano italiano o estero?
Secondo le stime dell’AIDEPI, l’Italia è uno dei Paesi tra i maggiori produttori di pasta: ne deriva un alto fabbisogno di grano di qualità da impiegare nell’industria pastaria. La maggior parte del grano che viene impiegato in Italia è coltivato in loco – basti pensare che, da sempre, Foggia è considerata “il granaio d’Italia” – e la sua produzione ha subìto un considerevole incremento in pochi decenni. Tuttavia, nonostante la grande abbondanza di grano e la produzione media di ben 4 milioni di tonnellate annue, viene coperto solo il 70% del fabbisogno, per cui siamo obbligati a importare grano dall’estero in percentuali variabili a seconda dell’annata. I principali pastai italiani, da sempre, scelgono per l’importazione i migliori grani prodotti in aree vocate come Francia, Australia, Messico e Nordamerica. Infatti anche in queste zone, poiché il clima e l’irraggiamento solare sono molto simili a quelli italiani, il grano è di ottima qualità, se non addirittura qualitativamente superiore a quello nostrano: è per questo, infatti, che spesso i grani che importiamo vengono pagati più di quello nazionale.
(LEGGI: Pasta con solo grano italiano)
Il grano e la sua coltivazione
Come affermato anche dall’Unione delle Associazioni dei Semolieri dell’Ue, infatti, non vi è un’unica tipologia di grano ma tante, con caratteristiche diverse e in grado di adattarsi a vari luoghi. Tra queste varietà di grano, solo alcune sono adatte per la pasta: ad esempio in Australia, dove il clima è desertico, le rese sono molto basse ma la qualità del grano è buona per il suo contenuto proteico, qualità del glutine, colore e peso specifico del chicco. Ancora, nel Sud della California e in Arizona vengono prodotte varietà pregiate che in alcune annate arrivano a costare addirittura il doppio del migliore grano duro italiano. In Montana e nel Canada, invece, a causa del clima non proprio ottimale per la coltivazione, gli agricoltori hanno spostato in primavera il ciclo di coltivazione, e inoltre il grano viene coltivato in zone poco sfruttate o sottoposte a rotazione colturale. Grazie a questi fattori si sopperisce alle rese molte basse con un tenore proteico e un indice di glutine del grano molto alti. La qualità del grano francese, invece, ha un ciclo autunnale-invernale come quello italiano ed è favorita da una filiera ottimizzata, dove i raccolti vengono organizzati con stoccaggi differenziati a seconda della qualità e dove il governo sostiene la ricerca di nuove varietà di frumento. Ѐ proprio questo modello francese che i pastai italiani hanno preso ad esempio, cercando di implementarlo anche in Italia.
Il grano italiano e i parametri nutrizionali
Il secondo motivo per cui importiamo grano dall’estero è perché non sempre il grano italiano raggiunge gli standard qualitativi previsti dalla legge di purezza. Inoltre anche il Ministero dell’Agricoltura informa che solo il 35% del grano italiano ha un contenuto proteico superiore al 13% e circa il 30% del grano duro prodotto in Italia è di qualità medio-bassa, con un contenuto proteico inferiore al 12%, che lo rende non adatto alla pastificazione.
Ma impiegare grano estero nel processo di pastificazione permette anche una maggiore variabilità della produzione nazionale. Infatti, solamente 1 chicco di grano italiano su 3 sarebbe ai limiti dei parametri stabiliti dalla legge di purezza, ma, miscelato con grano estero più idoneo, può essere incluso nella produzione. Paolo Barilla conclude individuando una possibile “terza via”:“Per ridurre la nostra dipendenza dall’estero abbiamo già coinvolto migliaia di agricoltori italiani (in Puglia, Campania, Marche, Emilia Romagna, Sicilia) in contratti di filiera pluriennali che hanno l’obiettivo di garantire loro un reddito sicuro, fissano premi di produzione legati al raggiungimento di standard qualitativi del grano in base alle esigenze dell’industria della pasta, migliorano il grano duro nazionale attraverso pratiche agricole sostenibili.”
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